Lipari nella mitologia greca
29 marzo 2024
Le Isole Eolie incarnano la magia e il fascino mitologico già nel loro nome: sono le terre di Eolo, il signore dei venti, e di Liparo

Secondo il mito, Eolo, il dio dei venti, ricevette da Zeus il compito di controllare e custodire i venti, tenendoli imprigionati nelle caverne e in un otre sull'isola di Lipari. Questa figura mitica, insieme a Liparo, re italico, costituisce il nucleo delle leggende che avvolgono queste isole.

Secondo la mitologia greca, infatti, l'isola prende il nome da Liparo, figlio di Ausone e nipote di Ulisse. Liparo raggiunse l'isola e vi fondò una fiorente colonia, introducendo l'agricoltura e regnando per molti anni.

Liparo era stato cacciato da un regno italico, forse il Metaponto, dai suoi stessi fratelli, ed era arrivato alle isole Eolie insieme ad un gruppo di guerrieri suoi seguaci.

Un giorno giunse a Lipari anche Eolo, il quale stringeva una forte amicizia con Liparo. I due fecero uno scambio vantaggioso: Liparo concedette ad Eolo il controllo dell'isola, insieme alla mano di sua figlia Ciane, e in cambio Eolo facilitò il ritorno di Liparo al continente, di cui sentiva la mancanza, stabilendosi in una zona vicina a Sorrento. Qui Liparo divenne re di una popolazione locale e alla sua morte fu celebrato come un eroe.

Nell'Odissea di Omero, Ulisse viene accolto da Eolo durante il suo viaggio di ritorno dalla guerra di Troia. Eolo, mosso dalla storia dell'eroe greco, gli dona un otre contenente i venti ostili alla navigazione. Tuttavia, durante la traversata, i compagni di Ulisse, ignorando il vero contenuto dell'otre, lo aprono accidentalmente, scatenando una tempesta che provoca il naufragio delle navi, eccetto quella di Ulisse.

La mitologia e le leggende delle Isole Eolie si intrecciano così con le vicende di Eolo, Liparo e Ulisse, trasmettendo un'aura di mistero e fascino che permea la storia di queste affascinanti terre.

“E giungemmo all’isola Eolia. Qui dimorava Eolo, caro agli dei, figlio di Ippota. L’ isola errava nuotando. Un muro la cinge bronzeo; e liscia s’innalza una rupe. Dodici figli con lui nel palazzo vivevano. La casa odorosa riecheggia al suono dei flauti finchè il giorno dilegua; Poi quando licenza gli chiesi di andarmene non rifiutò, ma prese a cuore il mio viaggio; spogliò delle cuoia un bove novenne un otre ne fece, e dentro vi chiuse dei venti ululanti le vie: custode l’aveva dei venti fatto il cronide, e poteva quieti tenerli o incitarli a sua voglia. Nella concava nave con lucida fune, argentea, l’otre legò, di guisa che fuori neppure un alito uscisse; ma solo il soffio di Zefiro per me liberò che la nave benigno spingesse per noi”.

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